2016 Master of Light – Gianni Di Venanzo AIC

A 50 anni dalla morte TDC celebra l’opera di Gianni Di Venanzo con una retrospettiva in collaborazione con l’Istituto Luce Cinecittà /// In the 50th anniversary of his death TDC celebrates the art and craft of Gianni Di Venanzo with a retrospective in collaboration with Istituto Luce Cinecittà 

di venanzo antonioni

Gianni Di Venanzo nasce nel 1920 a Teramo ed inizia la sua carriera durante la seconda guerra mondiale come assistente operatore di Aldo Tonti, Otello Martelli ed altri direttori della fotografia italiana, lavorando con i principali registi – Visconti, Rossellini, De Santis, De Sica – di quello che sarebbe diventato celebre in tutto il mondo come il neorealismo italiano.

Formatosi artisticamente con lo stile documentaristico preferito da questi registi, che ben si sposava con la fotografia austera di Tonti, sorprende il fatto di come Di Venanzo abbia successivamente sviluppato, specialmente nel suo lavoro con Antonioni, una fotografia caratterizzata dalle scintillanti alte luci ed un contrasto che sarebbe diventato, nei decenni successivi, il tratto distintivo del bianco e nero nel cinema italiano.

Tramite la collaborazione con Antonioni, specialmente ne “Le Amiche”, Di Venanzo affina uno stile di composizione molto elaborato, con diversi piani che si alternano all’interno della stessa inquadratura e che privilegiano il movimento degli attori all’interno di essa. Uno stile che gli sarebbe tornato utile per la sua successiva collaborazione con Fellini in Otto e Mezzo. Il capolavoro di Fellini infatti puo’ essere considerato anche il capolavoro di Di Venanzo, grazie alla sua sottile gradazione di luci ed ombre che sono essenziali per guidare lo spettatore nel viaggio tra i sogni, le percezioni, l’immaginazione e la realta’ che caratterizza tutto il film.

Agli esordi della sua carriera come direttore della fotografia, la precedente esperienza con Tonti gli torna utile anche nella sua collaborazione con Francesco Rosi, specialmente in “Salvatore Giuliano” e “Le Mani sulla Citta’”.

In questi film Di Venanzo rielabora lo stile documentaristico del neorealismo, aggiungendovi ulteriori livelli interpretativi.

Nel film di esordio di Lina Wertmuller, “I Basilischi” (1963), la sua fotografia sostiene lo sviluppo di un linguaggio cinematografico essenziale che esalta i tratti distintivi della commedia.

Negli anni successivi Di Venanzo collabora con altri importanti registi del cinema italiano ed il suo apporto si rivela fondamentale nel successo delle loro carriere. Tutti loro gil riconoscono il suo perfezionismo ed eclettismo, che gli permettono di dare uno stile fotografico unico a ciascun film. Tra i titoli ricordiamo “I Soliti Ignoti” di Mario Monicelli (1958), “Lo Scapolo”, di Antonio Petrangeli (1955), “La Ragazza di Bube”, di Luigi Comencini (1963).

John Gillett sostiene che l’apprezzamento generale di cui godeva il suo lavoro era fondato sulla capacita’ di Di Venanzo di “stabilire un rapporto unico e profondo con ciascun regista, una immediata sensibilita’ nel comprendere lo stile ricercato per ciascun film, ed una ferma tenacia nel realizzarlo sulla pellicola”.

Nel 1966 la morte precoce a soli 45 anni per epatite ha impedito a Di Venanzo di ottenere un pieno riconoscimento, come quello riservato ad altri grandissimi della fotografia come Vittorio Storaro, nell’olimpo del cinema mondiale che avrebbe certamente meritato e raggiunto Nel 1996, nella sua città’ natale, Teramo, viene istituito il premio “Gianni Di Venanzo”, premio internazionale dedicato ai direttori della fotografia cinematografico giunto oggi alla sua XX Edizione.  

Gianni Di Venanzo era membro di AIC – Associazione Italiana Autori della Fotografia Cinematografica.

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Di Venanzo began his career during World War II as camera assistant to Aldo Tonti, Otello Martelli and others, working on the films of key neorealist directors such as Visconti, Rossellini, De Santis and De Sica. Given his training in the flat documentary style favored by these filinmakers, as well as the more somber approach of Tonti, it is all the more surprising that he developed in his work with Antonioni the bleached-out, shimmering whiteness that now so strongly evokes classic Italian black and white cinematography.

Working with Antonioni, particularly on Le amiche, he also developed a capacity for filming complex and changing groupings of actors, an experience that proved useful when he worked with Fellini on Otto e mezzo. Fellini’s masterpiece can also be seen as Di Venanzo’s with its subtle gradations of light and shadow essential in helping the viewer to navigate this complex assemblage of dream, mental states, imagination and reality.

Di Venanzo put his early experience as a cameraman to good use also in his work with Francesco Rosi, particularly in Salvatore Giuliano and Le mani sulla città. In these films he recreated the documentary feeling of neorealism, adding another level of logical signification to each. For Lina Wertmüller’s first film I basilischi (The Lizards), he helped to develop a pared-down film language that focuses on the essentail details of her comedy.

Di Venanzo worked as cinematographer with important directors on films which proved to be central to their careers. He was usually lauded by them for his perfectionism and the variety of photographic talents.

It is worth to mention “I Soliti Ignoti” directed by Mario Monicelli (1958), “Lo Scapolo”, directed by Antonio Petrangeli (1955), “La Ragazza di Bube”, directed by Luigi Comencini (1963).

John Gillett says these opinions were based on Di Venanzo’s “… extraordinary ability to establish a rapport each director; a facility for sensing the particular textures they sought after; and sheer tenacity in getting those precise effects on to celluloid.” His untimely death at 45 from hepatitis has cast him in undeserved obscurity in film history. Had he survived he would surely equal, and perhaps surpass, the reputation now held on by Vittorio Storaro among Italian cinematographers.  

In 1996 the city of Teramo established the Premio Gianni Di Venxnzo, to award the achievement of cinematographers worldwide.  

Gianni Di Venanzo was a member of AIC – the Italian Society of Cinematographers. 

 

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